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Natale del Signore

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NASCIMENTO DE JESUSIsaia 9,1-6

Luca 2,1-14

Cari fratelli e sorelle,
Mi è stato chiesto di scrivere una riflessione sul Natale (scritta nella veglia di questa notte ai piedi del Santissimo Sacramento), ho chiesto allo Spirito santo l’aiuto per questo servizio e come sempre la “lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino” (Sal 118)

La prima condivisione che sento di mettere riguarda il rischio di vivere la celebrazione e del tempo di Natale con un cuore morto (“le quindici malattie” che affliggono la Curia ma che sono un pericolo per ogni cristiano e per ogni curia, comunità, congregazione, parrocchia, movimento ecclesiale” cfr Discorso di Papa Francesco ai dipendenti della Santa Sede Citta’ del Vaticano 23.12.2014); tante volte abbiamo celebrato questa memoria della nascita di Gesù, abbiamo cercato di essere partecipi del mistero dell’incarnazione del Signore nostro Gesù Cristo, e può darsi che ci assalgano “pensieri cattivi” che, a partire dalla ripetitività, di questa festa, ci sentiamo depressi se guardiamo il nostro cuore e il male intorno a noi.

Tutto questo è una tentazione, difatti ciò che è determinante non è il sentimentalismo, ma ciò che viviamo nel concreto rapporto con Gesù, quando siamo disposti ad aprirci a lui.

Affinchè la Parola di Dio sia veramente efficace, che realizzi in noi ciò che viene proclamato. Anche questo è Natale: avere in noi questa chiara consapevolezza quando ascoltiamo la Parola del Signore e poi rendiamo grazie per l’incarnazione, facciamo Eucaristia.

Della prima lettura, ascoltata dal profeta Isaia voglio condividere un solo pensiero. Isaia profetizza su una situazione di tenebra: c’è una terra carica di oscurità, un popolo segnato dall’oppressione, segnato dalla violenza per i figli d’Israele, ma Isaia profetizza un evento che muta radicalmente quella situazione di crisi materiale, spirituale e ontologica.

Afferma che il popolo d’Israele vede una grande luce risplendere al punto che rompe le tenebra. Come conseguenza di questa grande luce scoppia una gioia incontenibile, la gioia che si prova quando si raccolgono i frutti della terra, oppure quando il giogo dell’oppressione e della schiavitù, viene spezzato.

Nel nostro tempo possiamo parlare del giogo dell’avidità, del giogo del nichilismo, del giogo dell’erotismo, nel giogo dell’analfabetismo emotivo, relazionale, di amore ecc., ma tutto questo viene distrutto dall’Avvento di un “bambino”.

Isaia “vede” realizzata una nuova situazione in cui addirittura non ci sono neanche più i segni della violenza, della guerra. Come è mai possibile questo dice il profeta e Maria? Quale intervento ha permesso questo capovolgimento di situazioni? Isaia afferma: è l’evento di un bambino che è nato, di un figlio che è stato donato.

La causa ontologica e storica del radicale cambiamento è dovuto alla nascita di un bambino. Un bambino è il debole per eccellenza, un bambino è una persona fragile che non ha proprio nessun potere, un bambino non è in grado di esprimersi, di parlare, è senza parola e senza forza, dipende totalmente dall’Altro, dalla madre e dal padre.

Un bambino è in ogni povero, materiale e morale, perché ha veramente bisogno degli altri e da solo non può far nulla, fosse anche il figlio di un VIP, fosse anche un figlio di un potente della terra.

Ma questo bambino di cui Isaia vede la nascita, porta dei nomi che possono apparire paradossali ad una lettura fondamentalista o superficiale: è proclamato “Dio forte, Padre per l’eternità, Principe della pace, Consigliere meraviglioso”.

Dinanzi a questi nomi, molti restano stupiti, scandalizzati, soprattutto dal primo nome che viene dato a questo bambino: “Dio forte”. Come è possibile dare il nome di “Dio forte” a un bambino, a un figlio di uomo, a un figlio di Adamo? Per la teologia ebraica questa affermazione sembra quasi una bestemmia: Dio è uno solo ed è tre volte santo.

Eppure il profeta afferma che quel bambino è chiamato “Dio forte”. È una Parola che trasmette un messaggio talmente forte che gli stessi traduttori della Bibbia ebraica in greco hanno omesso il titolo di “Dio forte”, si avete compreso bene, lo hanno omesso.

Secondo gli esegeti l’omissione è dovuta sia alla paura dei traduttori che temevano di intaccare la santità assoluta di Dio, sia perchè proclamare una verità di questo genere poteva non essere capita dal mondo ellenico.

Quale sia la ragione, il testo originale ebraico, afferma: “questo bambino è Dio forte” cf. Is 9,5. Ciò che cambia dunque radicalmente quella situazione di tenebra, di oppressione, di inimicizia, è la nascita di un bambino, ma un bambino che è Dio.

La Buona Notizia di Isaia è un annuncio enigmatico, annuncio impensabile anche per il profeta , e tuttavia il Vangelo ce ne dà il compimento. In una situazione storica che è ancora di tenebra, di morte, di sofferenza, ecco che a Betlemme nasce un bambino. Nasce da una giovane ragazza, Maria-Miriam, ma il Vangelo ci dice che un figlio così, un bambino così solo Dio ce lo poteva donare, che questo Figlio era stato concepito in Maria dalla forza e dalla potenza di Dio stesso, dallo Spirito santo (cf ruminatio di domenica scorsa).

Alla nascita questo bambino è avvolto in fasce ed è adagiato in un ripostiglio per oggetti e per animali. Gli angeli che appaiono ai pastori (poveri – anawin di Dio per eccellenza in quanto nomadi e senza casa) mostrano il compimento della profezia di Isaia, dicono: “Ecco la gioiosa notizia: nella città di David è nato il Salvatore, che è il Messia Signore, è il figlio di David ma è anche il Kýrios, è anche il Signore (il Nome di Dio)”.

L’evento del capovolgimento radicale è avvenuto: c’è il Salvatore Gesù, c’è il Dio ormai in mezzo a noi, ma il segno dato ai pastori, ciò che essi e noi siamo invitati a vedere è addirittura un bambino fasciato, quasi a dire che non proprio può nulla un perfetto anawin, è in una grotta ripostiglio, mangiatoia.

Ciò che vedono i pastori non è nulla di prodigioso, nulla di straordinario. È una scena che con ogni probabilità si ripeteva spesso in quelle campagne di Betlemme: nelle famiglie dei poveri, i bambini nascevano (per motivi legati alla purificazione) così, all’interno di una grotta ripostiglio, stalla, accanto alla “grotta casa”.

Il compimento della profezia dunque c’è stato, ma noi dobbiamo anche avere il coraggio di chiederci: che cosa è cambiato veramente con la nascita di Gesù, questo bambino Dio forte, questo Messia e Signore?
> Per quanto noi possiamo leggere e vedere i fatti del mondo, delle nostre famiglie, luoghi di lavoro, ecc, le tenebre restano sul mondo, l’oppressione non è scomparsa, la violenza continua a regnare: regna a livello sociale, così come regna anche all’interno delle nostre vite più quotidiane, nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità.

E allora che senso ha l’annuncio di Isaia, se nulla è cambiato? È così? Sì, è davvero così, lo dobbiamo affermare senza paura e senza mistificare la realta’. Anche le nostre vite di cristiani, nonostante siamo stati “unti” dalla grazia di Dio, di salvati dal Signore attraverso il battesimo e alimentati dalla santa Parola e dalla santa Eucaristia, continuano a portare i segni del peccato, della tenebra, della morte, dell’ignoranza e della cattiveria.

Dobbiamo dire la verita’, i tempi non sono cambiati da quelli di Isaia né da quelli di Cesare Augusto. Molti non credenti e credenti si sono fatti delle loro proiezioni sul Dio bambino e ci chiedono ogni giorno: “ma la profezia di Isaia non si è compiuta? siete degli illusi? degli alienati ecc. A questi fratelli e sorelle che ci fanno presenti i loro pensieri reali, va ricordato che la vicenda di Gesù, la vita umana di Gesù, quella vita che è incominciata a in una grotta ripostiglio di Betlemme ed è finita sulla croce a Gerusalemme.

La nascita di Gesù prende forma tra gli emarginati, tra le “vite di scarto”, tra le periferie esistenziali, tra coloro che non destano interesse e non contano. E non su di lui si manifesta la luce della gloria divina, ma sui pastori (cf. Lc 2,9): essi ne hanno bisogno per riconoscere la presenza di Dio nella povertà e debolezza della carne umana. E con loro, anche noi ne abbiamo bisogno.

La vita è stata vissuta nell’amore e nel servizio degli altri e di ciò abbiamo una chiara testimonianza nei Vangeli da quelli che hanno vissuto con Gesù, non sono notizie storiche fornite per sentito dire o allucinazioni di massa, quella vita che ha continuato ad affermare la bellezza, anche se noi scarichiamo su Gesù la bruttezza, quella vita con la quale Gesù ha aperto una via di umanizzazione per l’uomo di ogni tempo, quella vita affidabile che ha meritato la fiducia di un gruppetto di uomini e donne che lo ha seguito, che merita ancora oggi la nostra fede in lui, la nostra adesione a lui: ebbene, quella vita ci basta per dire che la profezia di Isaia si compie e in Gesù ha cominciato a compiersi in noi e per noi.

Come i pastori siamo chiamati a dire di “avere udito e visto, come era stato detto loro”(Lc 2,20). Agostino commentando il Sal 48,9:afferma “Ascolta e guarda! Non, guarda e poi ascolta, ma ascolta e guarda; prima ascolta e poi guarda. Ascolta dapprima ciò che non vedi, vedrai più tardi ciò che hai udito”. La fede cristiana è sempre fede in un annuncio, il Regno di Dio ci raggiunge mediante un annuncio. La fede cristiana è sempre fides ex auditu, fede che nasce dall’ascolto (cf Rm 10,17).

Allora perché noi celebriamo questa sera la nascita di Gesù? Proprio perché conosciamo la sua vita, ed è per questo che, guardando la sua vita, lo chiamiamo “Dio forte”, lo chiamiamo “Dio con noi”. Lui cambierà la nostra situazione? Si, se ci lasciamo coprire dallo Spirito santo come Maria. In ogni caso, la sua vita ci dà le ragioni per credere a Isaia e al Vangelo. È Gesù che è per sempre tra di noi e con noi, qualunque sia la nostra situazione: celebrare il Natale significa proprio avere questa speranza in lui.

Una ultima condivisione, la nascita del bambino Gesù noi la commemoriamo, la sua morte la celebriamo; ma soprattutto viviamo il mistero dell’incarnazione, passione e resurrezione, della venuta del Dio forte in mezzo a noi, un Dio forte che ha preso la nostra carne umana. Da quel giorno della natività a Betlemme il Dio forte non è più separabile dalla storia dell’uomo, e la vicenda dell’uomo è una vicenda condotta, guidata dal Dio forte che questa notte contempliamo come un bambino.

Il mistero dell’incarnazione che commemoriamo questa notte di Natale ci rinvia direttamente al mistero dell’amore di Dio per l’uomo.
Shalom!

> Carmine Tabarro


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