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Emmir Nogueira: Missione è una questione di cuore

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Più prego e medito sulla missione, più vedo che è una questione di cuore. Dio solo sa perché. Forse la mia storia personale mi ha un po’ influenzata. Ho vissuto durante il periodo delle missioni in Asia, in Africa, in un momento in cui, da bambina, le suore e i preti ci incoraggiavano a offrire sacrifici, preghiere ed elemosine per le missioni. In quel tempo, ci chiamavano “Croci del Sacro Cuore di Gesù” e ci invitavano a ricevere un largo nastro giallo, colore del Vaticano, perché eravamo animati da uno spirito di autentica parresia che ci portava ai più difficili sacrifici nella nostra mentalità infantile (camminare con le pietre nelle scarpe, rimanere a lungo in ginocchio e – il più difficile di tutti! – rinunciare a una settimana di merende per portare “fortuna”  a favore delle missioni dell’Asia e dell’Africa).

Ricordo che il nastro aveva un’immagine stampata del Sacro Cuore di Gesù, trafitto e sormontato dalla corona di spine. C’era anche qualcosa scritto in latino: eravamo nell’epoca pre-conciliare e il latino era la lingua usata per ogni cosa nella Chiesa. Il giovedì avevamo fatto mezz’ora di adorazione del Santissimo Sacramento e avevamo ricevuto, come di consueto, notizie sulle missioni che avevamo aiutato. Naturalmente, tutte noi sognavamo di essere missionarie (il college era di sole ragazze), preferibilmente nel posto più pericoloso, in modo che potessimo diventare martiri, come era conveniente e, in un modo o nell’altro, appropriato per ogni battezzato.

A volte sono tentata di pensare che questa mia storia  mi fa credere che la missione è una questione, prima di tutto, di cuore. Altre volte, meno nostalgica, vedo che, in effetti, se la missione non è, prima di tutto, una questione di cuore, non è una missione. Non verrà dalla grazia, non sarà generata dallo Spirito, non porterà i frutti raccolti dal Vangelo autenticamente annunciato. Farà parte di quella tentazione di cui parla il Santo Padre, tentazione di “ridurre il Cristianesimo a una saggezza puramente umana” (Redemptoris Missio, 11).

Sappiamo che “ogni battezzato è un missionario”. Sappiamo che la Chiesa è essenzialmente missionaria. Ma sappiamo che “io” sono un missionario? Ho una profonda convinzione e coscienza che la mia fede non è di mio possesso, ma di Gesù che me l’ha affidata?

Che non viene “da me”, né è “ereditato” dai miei genitori, ma è pura grazia, il cui autore è Gesù per il potere dello Spirito Santo? Qual è il valore di questa grazia per suscitare in me una grande lode a Dio e il culto spirituale dell’offerta concreta di vita – interamente, con tutto ciò che sono, tutto ciò che so e tutto ciò che ho – così che il mondo possa credere in Gesù?

 

Abbiamo bisogno di un nastro giallo sul petto, sul cuore! 

Forse questo nastro sarebbe, per noi, uno scudo contro certe idee che, senza che ce ne accorgessimo, ci hanno invaso. Idee come: “Poiché la salvezza di Cristo è alla portata di tutti gli uomini, non abbiamo bisogno di evangelizzare”; oppure “Poiché tutti gli uomini di buona volontà possono arrivare alla conoscenza della verità, perché evangelizzare? Non c’è bisogno!”; o “La missione di evangelizzazione appartiene a sacerdoti, suore, persone consacrate nelle Comunità di Vita, celibi…“.

Il nastro giallo, con il colore del Vaticano e il Cuore di Gesù aperto a tutti gli uomini, potrebbe servire a ricordarci il calore del fuoco dello Spirito che ci spinge a lasciarci – in primo luogo – essere un “Vangelo Vivente”, che predica con la propria vita; ma anche “Vangelo-Annuncio”, che converte mediante la proclamazione della Parola, senza la quale non vi è alcuna conversione, in modo tempestivo e opportuno, senza timore di essere disprezzato, frainteso, demoralizzato.

Il nastro dell’infanzia potrebbe averci ricordato che evangelizzare è più una compulsione dell’amore che un dovere morale.

 

Un vero amore per Gesù Cristo

Vorrei, se possibile, consegnarla nelle mani di Gesù e nelle mani del Santo Padre affinché, nelle parole rivolte ai giovani di Tor Vergata, li mandasse in missione, in una preghiera di tutta la Chiesa affinché risvegli nei giovani, nei consacrati, nei celibi, nelle famiglie, nei sacerdoti, nelle nuove comunità (cfr. RM, 91), un vero amore per Gesù Cristo, una vera consapevolezza amorevole che tutto ha creato e tutto ciò che fu dato serve all’unione dell’uomo, dell’umanità con Cristo, un vero zelo per le anime, una vera e nuova parresia per questo terzo millennio.

 

«… ma tu mi hai dato un corpo … così ho detto: “Eccomi… o Dio, per fare la tua volontà”»

Quindi, vedrei milioni di giovani che danno almeno un anno della loro vita per la missione – come già lo vedo fare da centinaia nei vari programmi con questo scopo in tutto il mondo – vedrei celibi per scelta, ma anche per circostanze, scoprire un nuovo significato delle loro vite e fare la coda per “arruolarsi” per essere mandati in missione; vedrei le famiglie disposte a distribuire i loro beni a favore dell’evangelizzazione; vedrei i bambini, come prima, lottare per portare con orgoglio nei loro cuori il nastro giallo di fuoco, il sacrificio, la preghiera e la consapevolezza della loro responsabilità nella Chiesa. Vedrei interminabili file di martiri, forse non con il sangue, ma certamente mediante l’offerta di vita, con “sacrifici di lode”, come “ostie viventi” (cfr Rm 12,1), sapendo che la vocazione alla santità è strettamente legata alla vocazione universale alla missione, non solo disposti ma ansiosi di dare la propria vita per amore a Gesù e alla Chiesa, dicendo, come Gesù missionario nell’entrare nel mondo: «Non hai accettato sacrifici di tori o capre … ma tu mi hai dato un corpo … così ho detto: “Eccomi… o Dio, per fare la tua volontà”» (Eb 10, 5 ss).

 

La Chiesa missionaria del terzo millennio

Dio, quindi, con chiarezza realizzerebbe più rapidamente “per la missione … la storia di salvezza” e le nostre pietre nelle scarpe, i nostri quindici minuti in ginocchio per le missioni, le nostre mezz’ore di adorazione, ancora nella chiesa pre-conciliare, troverebbero eco e la realizzazione nella Chiesa Missionaria del terzo millennio la comprensione dell’essenziale: la missione deve nascere prima di tutto dal cuore, poiché si tratta di amare la comprensione della Volontà di Dio, dell’amore per Gesù Cristo, per gli uomini, per il Vangelo, per la Chiesa. Una questione molto più profonda di un nastro giallo sul cuore: una questione di cuore al di fuori di sé, perso d’amore, offerto nel cuore e nelle mani di Dio e di tutti gli uomini.

 

Traduzione: Jhoanna Climacosa

Revisione: Davide Bianelli


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