Al giorno 10 febbraio 2016, mercoledì delle ceneri, alle ore 17, Papa Francesco ha celebrato la Santa Messa nella Basilica di San Pietro, in apertura del tempo Quaresimale. In questa occasione, il Pontefice ha dato l’invio missionario a oltre 1000 sacerdoti di tutto il mondo, chiamati ad essere missionari della Misericordia.
Quest’anno infatti, in occasione del Giubileo della Misericordia, il Papa permetterà anche a questi sacerdoti, da lui convocati, di perdonare peccati riservati unicamente alla Santa Sede. Nella sua omelia Papa Francesco ha sottolineato lo speciale compito che questi missionari della Misericordia svolgeranno per le loro comunità: essere ausilio e conforto nell’aprire le porte dei cuori, a tutti quegli uomini e quelle donne che per paura o vergogna cadono nella tentazione di tenerle “blindate”. Il Papa li invia affinché i loro occhi siano gli occhi del Padre così come le loro mani, sostegno e cura per le ferite di tanti.
Papa Francesco ha parlato poi della Quaresima come tempo di “potatura”, di una “pulizia del cuore e della vita, per ritrovare l’identità cristiana, cioè l’amore che serve, non l’egoismo che si serve”. E’ proprio questo lo scopo dell’invio missionario, quello di mettersi al servizio con amore. E’ in questo spirito che i quattro sacerdoti della Comunità Cattolica Shalom, Denys Lima, Livandro Monteiro, Francisco Almeida e Antonio Furtado, presenti alla celebrazione all’interno della Basilica, si stanno preparando ad iniziare l’importante compito assegnatogli.
Padre Denys, uno di loro, ci ha raccontato cosa lo aveva colpito di più delle parole di Papa Francesco, e del significato di questo invio missionario, in particolare dopo l’udienza privata di martedì, quando il Papa ha incontrato in Vaticano 700 tra i sacerdoti da lui convocati:
“Il Papa ha parlato di Gesù come il buon pastore, che guarda le pecore e vede che sono senza pastore, e allora le va a cercare. Così lui ci invita, come missionari della Misericordia, ad essere questi pastori misericordiosi, pronti ad accogliere, proprio come fa un padre. E’ stato estremamente radicale quando ci ha detto che se un sacerdote non ha un atteggiamento paterno, è meglio che lui non faccia la confessione, poiché, al contrario, la Chiesa ha sempre queste braccia aperte”.
Il sacerdote, colpito, inoltre, dalle parole del Pontefice sulla necessità di accogliere i penitenti, ha aggiunto:
“Il Santo Padre, volendo sottolineare meglio l’aspetto dell’accoglienza, ha detto che quando un penitente si accosta alla confessione, mostra di voler già cambiare vita e un sacerdote che lo guarda negli occhi e scorge in lui un desiderio di pentirsi, deve saperlo capire e, quando intuisce il peccato che sta per essere confessato, mostrarsi già pronto a tendergli la mano e perdonare quel peccato”.
Padre Denys, responsabile per la formazione dei sacerdoti e dei seminaristi della Comunità Shalom, ha concluso parlando di come la sua vita e la sua missione cambiano da questo momento in poi:
“Questo anno della misericordia, quindi, deve essere un rinnovamento della confessione, e che ogni sacerdote della misericordia mostri l’amore concreto di Gesù insieme al cuore materno della Chiesa, che sa sempre comprendere, affinché ognuno di essi divenga questo punto di riferimento per chi si sente disorientato e assetato di Dio. Una missione ricevuta dal Santo Padre non è una cosa qualsiasi, ma è una nuova unzione, la grazia che porta con sé i doni di Dio, che però non sono per noi stessi ma sempre al servizio, ed ogni sacerdote che riceve questa missione deve essere simbolo della Misericordia di Dio e della Sua presenza viva”.
Sara Ferretti