Il passo evangelico di Matteo, spiega Francesco, è la chiave di volta del Nuovo Testamento, in cui Gesù manifesta la volontà di Dio di condurre gli uomini alla felicità. Un messaggio rivolto soprattutto ai poveri, agli oppressi e i maltrattati. Ma Gesù segue una strada particolare per spiegare che cosa sia la felicità del cristiano.
“Il motivo della beatitudine, cioè della felicità, non sta nella condizione richiesta – “poveri in spirito”, “afflitti”, “affamati di giustizia”, “perseguitati”… – ma nella successiva promessa, da accogliere con fede come dono di Dio. Si parte dalla condizione di disagio per aprirsi al dono di Dio e accedere al mondo nuovo, il “regno” annunciato da Gesù”.
La realtà di disagio e di afflizione – spiega il Papa – viene vista in una prospettiva nuova. “Non si è beati se non si è convertiti, in grado di apprezzare e vivere i doni di Dio”. Francesco si sofferma poi sulla prima beatitudine: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”. Il povero in spirito è colui che non si ribella, ma sa essere umile, docile, disponibile alla grazia di Dio. E la felicità dei poveri in spirito ha una duplice dimensione: innanzitutto nei confronti dei beni materiali che vanno utilizzati con sobrietà…”
“…senza appesantirsi nell’opacità della consumazione vorace. Più ho, più voglio; più ho, più voglio: questa è la consumazione vorace. E questo uccide l’anima. E l’uomo o la donna che fanno questo, che hanno questo atteggiamento “più ho, più voglio”, non sono felici e non arriveranno alla felicità”.
E la povertà in spirito si manifesta nella lode a Dio e all’amore col quale ha creato noi e il mondo.
“…è Lui, il Signore, è Lui il Grande, non io sono grande perché ho tante cose! E’ Lui: Lui che ha voluto il mondo per tutti gli uomini e l’ha voluto perché gli uomini fossero felici”.
Il povero in spirito è il cristiano – afferma ancora Francesco – che non fa affidamento su sé stesso, sulle ricchezze materiali, non si ostina sulle proprie opinioni, ma ascolta con rispetto e si rimette volentieri alle decisioni altrui.
“Se nelle nostre comunità ci fossero più poveri in spirito, ci sarebbero meno divisioni, contrasti e polemiche! L’umiltà, come la carità, è una virtù essenziale per la convivenza nelle comunità cristiane”.
La povertà in senso evangelico – continua il Santo Padre – è la strada privilegiata verso la meta del Regno dei Cieli, una strada che privilegia la condivisione al possesso. E’ la strada dell’amore, percorribile – sottolinea il Papa – solo se si ha un cuore aperto. In questo percorso – conclude il Papa – ci è di esempio la Vergine Maria, modello dei poveri in spirito, in quanto docile alla volontà del Signore.