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Corruzione: da malattia dello spirito a malattia sociale‏

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La corruzione è una patologia sociale che sta distruggendo la politica, l’economia, la cultura, la società.

 Da Griesinger a Wernicke, da Kraepelin a Freud, i vizi, percorrono l’intera visione antropologica dell’uomo occidentale a partire da Platone, diventando manifestazione “psicopatologica”. Quello che un tempo era la peculiarità di una minoranza, oggi sembra il l’ethos delle nostra società.

Questo significa che la corruzione (come altri vizi capitali), non è solo una evidenza morale ma assume una caratterista patologica. Sempre più le scienze psichiatriche dimostrano come la problematica morale, da malattie dello spirito si trasformano in malattie pschiatriche (vedi gli autori sopra citati, solo per rimanere nel campo scientifico).

 In altre parole il cuore umano, si attacca a quello che crede essere il suo tesoro. È lì che si annida la devastazione interiore e psicologica della corruzione, che è qualcosa di diverso dal peccato, tanto da far dire al futuro papa Francesco “Ci farà molto bene, alla luce della parola di Dio, imparare a discernere le diverse situazioni di corruzione che ci circondano e ci minacciano con le loro seduzioni. Ci farà bene tornare a ripeterci l’un l’altro: Peccatore sì, corrotto no!, e a dirlo con timore, perché non succeda che accettiamo lo stato di corruzione come fosse solo un peccato in più. (…) Il corrotto (…) passa la vita in mezzo alle scorciatoie dell’opportunismo, al prezzo della sua stessa dignità e di quella degli altri. Il corrotto ha la faccia da non sono stato io, faccia da santarellino, come diceva mia nonna. Si meriterebbe un dottorato honoris causa in cosmetica sociale. E il peggio è che finisce per crederci. E quanto è difficile che lì dentro possa entrare la profezia! Per questo, anche se diciamo peccatore, sì, gridiamo con forza ma corrotto, no!, parole già espressa in alcune pagine scritte nel 2005 quando era arcivescovo di Buenos Aires, raccolte postume nel libro “Guarire dalla corruzione” Edizioni EMI, pag.4.

 Da Vescovo di Roma Francesco, l’11 novembre 2013 dalla cappella della Domus Sanctae Marthae, ha ribadito che per il peccato c’è sempre perdono, per la corruzione, no!. O meglio, dalla corruzione è necessario guarire. Ed è un cammino faticoso, dove persino la parola profetica stenta a far breccia.

 Il Papa ci offre una lucida meditazione antropologica e morale, illuminata dalla luce della parola di Dio e della spiritualità di sant’Ignazio di Loyola, fondatore dei gesuiti (l’ordine cui appartiene il Papa), ponendoci davanti gli aspetti della corruzione su cui meno riflettiamo. Le parole del Papa ci scuotono, mostrandoci l’urgenza di una decisione: quella di non rimanere complici di una vera e propria “cultura” della corruzione, dotata di una sua capacità dottrinale, linguaggio proprio, modo di agire peculiare. Come dimostra la scienza psichiatrica la cattiva “salute interiore”, determina una ricaduta sulla vita individuale e sul capitale civile della società.

 Questi effetti sono particolarmente pesanti in un paese corrotto come l’Italia, dove secondo la Corte dei Conti (dati 2012), la corruzione vale circa 60 miliardi l’anno.

Questo significa che su ognuno di noi pesa una tassa occulta di 1.000 euro all’anno, neonati inclusi. Questa patologia sociale e individuale, erode e frena lo sviluppo del nostro Paese, con un impatto non solo economico, ma di immagine, di reputazione, di fiducia (tra i cittadini e verso l’estero) che pesa sull’Italia.

E’ indubbio che la corruzione non è un fenomeno solo italiano.

La banca mondiale calcola il “fatturato” dell’industria della corruzione in circa 1.000 miliardi di dollari, stima ottenuta attraverso interviste effettuate alle imprese sui pagamenti effettuati, sulle tangenti, sul denaro impiegato per garantire l’operatività delle società private e sui pagamenti per ottenere i contratti.

Questa stima non comprende l’appropriazione indebita di fondi pubblici, il furto degli stessi, il riciclaggio di denaro sporco, l’evasione e l’elusione fiscale.

Sempre per la banca mondiale il livello di corruzione in Italia copre circa alla metà di quella stimata in Europa.

Secondo gli indicatori di percezione di Trasparency International, l’Italia è sprofondata al 72esimo posto, al livello del Ghana e della Macedonia, in Europa solo la Grecia sta peggio di noi.

 E’ vero che le stime vanno sempre prese con cautela e solo quando ci saranno strumenti adeguati, avremo dei dati scientificamente certi, rimane il fatto, che dalla lettura sinottica di altri dati possiamo comprendere in maniera empirica la gravità del caso Italia: la letteratura scientifica ci dice che nei paesi corrotti le imprese crescono in media il 20% in meno rispetto a quelle che operano in paesi normali. Quando i servizi sono forniti in regime di monopolio la corruzione aumenta ulteriormente. In Italia dal 1990 ad oggi, con un tasso medio dell’1%, siamo il sistema paese che cresciuto meno tra i trentuno paesi più industrializzati.

 A questi costi vanno, aggiunti la decrescita sia del capitale civile sia e il capitale reputazionale dell’Italia verso l’estero.

Qui gli indicatori sono più precisi.

Consideriamo il mercato economico come un tavolo da gioco: se si è consapevoli di trovare dei “bari” al tavolo da gioco, nessuno si siederà a quel tavolo.

Questo è quello che è accaduto con l’Italia e il risultato lo conosciamo: riduzione degli investimenti esteri, esodo delle imprese, in particolare quelle frontaliere che stanno spostando le loro sedi a pochi chilometri dall’Italia.

 Quale è la causa della diffusa corruzione? Dopo aver illustrato la dimensione ontologica, ne propongo una,  tra le cause più importanti sul versante della prassi: la corruzione si manifesta ogni qual volta si concretizza un’asimmetria di potere, frutto del cattivo funzionamento della governance sul conflitto d’interesse. 

 Come contenere il fenomeno? quale sono le strategie per contrastare la devastazione civile della corruzione?.

Non credo che la via penale sia l’unica ed esaustiva strada del problema corruzione, tutt’altro. Il nostro paese, per limitare il fenomeno della corruzione deve tornare ad investire nella educazione alla vita civile, al bene comune, nell’etica delle virtù sociale, sul capitale civile.

 Altro elemento che ci dovrebbe preoccupare è la mancanza di una adeguata consapevolezza di un male così profondo e storicamente radicato.

Nel paese sembra mancare la giusta reazione, il giusto sdegno, cosa significa questo silenzio? è un segnale dell’elevata corruzione?.

Le voci che hanno maggiore eco sono di protesta, quasi sempre connotate populisticamente che raggiungono solo la pancia della “massa”.( vedi l’articolo tra ira e sdegno)sono deboli le numerosi voci virtuose che attivano la responsabilità civile, la voglia di riscatto prima di tutto morale, per questo motivo non riusciamo a cambiare marcia.

Un dato che mi colpisce molto proviene dal mondo del volontariato: su trecentomila associazioni di volontariato, pochissime trattano il tema corruzione. Aumentare la cultura della legalità senza trascurare il contesto economico, è l’altro aspetto da considerare.

 Dobbiamo allora rassegnarci alla corruzione dilagante? Dobbiamo cedere al nichilismo depressivo? No! Questo è vero sia per i credenti che per i non credenti. Come cristiani, come ci invita Papa Francesco dobbiamo porre l’attenzione alla “mondanità spirituale” che è una tentazione subdola perché “ammorbidisce il cuore” con l’egoismo e insinua nei cristiani un “complesso di inferiorità” che ci porta a  omologarci alla prassi di “come fanno tutti”. Con questa logica viene meno, nella semplicità della vita quotidiana, la “differenza cristiana”, quel “tra voi non è così” (Mc 10,43): questa è come Gesù ci ricorda regola di condotta proprio nei confronti dell’esercizio del potere.  Infine se riflettiamo bene, il termine stesso di “corruzione” ci rimanda alla corruzione del corpo causata dalla morte. La stessa cosa accade alla nostra della vita interiore e sociale: la corruzione l’umanità, la nostra “integrità” – anche in questo caso si tratta di un vaso comunicante che va dalla dimensione fisica a quella morale – ci smembra, ci rende inumani. Come cristiani dobbiamo ricordare che se assumiamo lo stile di vita della corruzione, fanno bestemmiare il nome del loro Dio tra i non cristiani.

 

Carmine Tabarro

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