Chi pensa che essere beato significa essere datato e fuori moda… forse non ha mai conosciuto Guido Schaffer, giovane surfista, studente di medicina e appassionato di Dio. Un giorno lasciò la sua fidanzata e gli studi, per diventare sacerdote. Vivere così intensamente non è per le persone fuori moda. L’articolo è un po’ lungo, ma fidatevi, lasciate da parte la vostra pagina principale di facebook e leggete!
Forse non è successo a voi, ma può arrivare un momento nella vita di un giovane in cui si ha un’inversione di 180 gradi, quando si incontra Dio. Gli altri allora cominciano a dire: “Quello lo faranno beato!”, come se la parola “beato” fosse qualcosa di fuori dalla realtà di oggi. Beato invece significa “felice”. Forse questo articolo potrebbe riguardare anche te… benvenuto!
Molti pensano che essere beati comporti seguire schemi vecchi, che non portano mai a rischiare su terreni nuovi, diversi. La vita di Guido, un giovane di Rio de Janeiro, futuro beato della Chiesa Cattolica, non ha niente a che vedere con una simile definizione.
Guido Vidal França Schaffer era un surfista, medico e vicino al sacerdozio. Nato nel quartiere di Copacabana, a Rio, faceva surf sulle spiagge vicino alla sua casa. Sorridente e simpatico, era un giovane che andava sempre alle feste, cercava sempre di essere invitato. Era audace, gli piaceva scherzare, usava vestiti firmati, ascoltava i Pearl Jam e i Metallica, andava in palestra e ballava in discoteca. Una persona normale, allegra, che amava il mare e il surf. Aveva gli stessi desideri e affrontava le stesse sfide degli altri giovani della sua età, come me e te. Faceva anche molte sciocchezze, naturalmente… scommetto che qualcuno di voi si identifica un po’ in lui, vero?
Guido aveva le sue fidanzate e ammiratrici. Aveva provato a costruire qualcosa con gli amici, ma percepiva che non bastava. Per Guido, l’esperienza con Dio fu come quell’onda che cresce e poi dietro di sé lascia il vuoto della risacca. Forse, fino a questo punto pensate che Guido forse non era fuori moda, ma nemmeno beato, vero?
Ascoltate: questo ragazzo, che sempre aveva vissuto in modo intenso, ha avuto un’esperienza capace di spingere qualunque giovane a vivere in modo più radicale. Un giorno, Guido partecipò a un seminario di vita nello Spirito Santo (simile a uno di quelli a cui qualunque persona può partecipare). Da allora, la sua vita fece una virata di 180 gradi.
Entrato in un gruppo di preghiera, iniziò a fare surf sempre più tra le onde dell’amore di Dio. Nel 1997 papa Giovanni Paolo II visitò Rio de Janeiro. Guido faceva parte del coro che cantò per il papa. Vide da vicino nello sguardo del papa lo sguardo di un pescatore di uomini. Quando papa Giovanni Paolo II disse: “Dobbiamo andare verso acque più profonde”, tutto acquistò un nuovo senso per il surfista, che con molta gioia disse al suo grande amico, padre Giorgio: “E’ questo, quello che voglio!”.
Come Guido, anche noi dobbiamo tuffarci con tutti noi stessi nella vita di Cristo. Non solo postando brani del Vangelo nelle reti sociali. Così rimarremmo in superficie. Dobbiamo portare il Vangelo nel profondo della nostra vita.
Sfidato dal suo amico sacerdote a formare un gruppo di preghiera per i giovani, Guido imparava a conciliare gli studi di medicina con il suo nuovo impegno. A poco a poco, centinaia di giovani venivano attratti dalla testimonianza e dall’ispirazione che da Lui trasparivano. Quando divenne poi seminarista, insieme a una sua amica guidava anche un gruppo sulla spiaggia, in cui si pregava e insegnava a molti giovani a fare surf.
L’attenzione per i poveri fu un segno distintivo della sua vita. Lavorava negli ospedali, occupandosi dei malati e andava per le strade, spinto dall’amore per i più bisognosi.
Guido cominciò così a vivere da beato: era felice! Aveva anche un fidanzata, una ragazza di grande fede, con cui formava una splendida coppia. Un giorno però, in preghiera, lo chiamò la voce di Dio: “Alzati, sarai sacerdote nella mia Chiesa!”. Cosa fare? Guido aveva tutto: una ragazza, un lavoro assicurato come medico, era molto impegnato nell’evangelizzazione. Ma Dio chiedeva di più. Senza dubbi, cavalcò l’onda della voce di Dio e lasciò tutto, davvero tutto, ed entrò in seminario.
Abbandonò il surf, grazie a cui diceva di incontrare spesso Gesù. Faceva surf ogni volta che poteva. Dopo essere entrato in seminario, crebbe in umiltà predicando nelle parrocchie, dove molte persone ancora oggi ricordano l’azione dello Spirito attraverso di lui: le profezie, il riposo nello Spirito, molti altri doni. Con rinnovato ardore continuò la sua missione con i poveri e gli ammalati. Dove andava, Guido era segno di speranza a gioia. Mostrava già in terra di essere beato, e che non era affatto “fuori moda”.
La sua ultima esperienza con il surf avvenne in occasione dell’addio al celibato del suo amico Dudu. Prima di entrare in acqua, i suoi amici pregarono insieme a lui. In mare si alzarono delle onde inattese e gli amici videro Guido che stava affogando. Lo portarono a riva e di corsa all’ospedale, ma non si riuscì a rianimarlo. Guido morì facendo surf, nascendo in cielo.
Oggi molti testimoni raccontano di miracoli avvenuti in passato e ancora adesso, per intercessione di Guido Schaffer. Un libro intitolato “L’angelo surfista”, scritto da Manuel Arouca, racconta la sua storia ed è stata la fonte per questo articolo. Non vi dico una bugia, se racconto che durante la scrittura in alcuni momenti mi sono venute le lacrime agli occhi. Spero che, come è successo a me, anche in voi nasca un grande desiderio di essere beati come lo è stato Guido, senza paura di essere fuori moda!
Si parla della beatificazione di Guido Schaffer dal maggio 2009. Padre Giorgio, amico e confessore di Guido, ha parlato di questa possibilità: “La Chiesa è molto prudente in questi casi. I testimoni devono essere ascoltati. E’ impressionante vedere come persone che non lo hanno mai conosciuto fanno nascere gruppi per pregare per lui e chiedere la sua intercessione. Papa Giovanni Paolo II era solito dire che abbiamo bisogno di santi vestiti in jeans. Guido ne è un esempio, un giovane che viveva la sua gioventù.
Felipe Ramos