Qualche migliaio a settimana. È la quantità di lettere, pacchi, disegni e oggetti che vengono recapitati in Vaticano a nome di Papa Francesco. Missive che arrivano da tutto il mondo e che vengono gestite dall’Ufficio di Corrispondenza del Papa, situato nel Palazzo Apostolico. In questo servizio, Alessandro De Carolis riprende l’intervista rilasciata dal responsabile dell’Ufficio, mons. Giuliano Gallorini, al settimanale d’informazione “Vatican Magazine” prodotto dal Centro Televisivo Vaticano:
Il racconto di una vita arrivata a un bivio, per chiedergli un consiglio su come proseguire. La confidenza di un dramma personale, che sta uccidendo l’ultima speranza e che cerca nella sua saggezza un appiglio per non lasciarsi andare del tutto. Oppure una poesia, per dirgli in rima alternata o baciata che gli si vuole bene come e forse più che a un padre. O magari una sciarpa, confezionata apposta e spedita a casa sua, a quell’indirizzo che oggi tutti conoscono come fosse quello del vicino: Casa S. Marta, Città del Vaticano. Perché così oggi moltissimi sentono Papa Francesco: vicino. E per questo a migliaia dai quattro angoli del pianeta gli scrivono. Una trentina di sacchi a settimana – buste e pacchi di ogni forma e dimensioni – tutti diretti verso il corridoio ubicato nella Terza Loggia del Palazzo Apostolico, sul quale si aprono le stanze dell’Ufficio di Corrispondenza del Papa, diretto da mons. Giuliano Gallorini:
“Le richieste sono soprattutto di conforto e di preghiera. Moltissime riguardano – sarà anche il momento che viviamo – le difficoltà, soprattutto le malattie… Chiedono preghiere per i bambini, descrivono anche situazioni di difficoltà economiche. Si cerca di far sentire la vicinanza del Papa che coglie la loro sofferenza, il loro disagio, che è loro vicino nella preghiera. Poi, per quello che è possibile, ci aiutiamo indirizzando le richieste agli uffici specifici, per esempio le richieste di aiuti economici vengono trasmesse alle Caritas diocesane perché possano sia verificare, sia essere immediatamente più operativi”.
Mons. Gallorini, suor Anna e altre due signore: una piccola squadra per una montagna di corrispondenza, in dozzine di lingue. Ed è proprio la selezione per idioma il primo passo del lavoro che il gruppo affronta quotidianamente. Poi, le lettere vengono aperte e lette. Papa Francesco, da solo, non potrebbe farcela mai a sbrigare tutta la corrispondenza, quindi spetta al suo Ufficio aiutarlo a distinguere la richiesta di chi vuole dare un semplice saluto al Papa da quella di chi in Papa Francesco cerca conforto, un sostegno spirituale, una mano tesa per una necessità urgente. Sono queste le lettere che arrivano sulla sua scrivania:
“Sono i casi un po’ più delicati come i casi di coscienza. In questo caso, viene fatto un appunto e passato ai segretari perché il Papa prenda visione direttamente: senz’altro li legge, mette la sigla e ci indirizza su come dobbiamo rispondere”.
Dunque, non a tutte le lettere può rispondere Papa Francesco, ma tutte le lettere a Papa Francesco ricevono una risposta. Ma anche solo esprimere la gratitudine a suo nome, per un dono ricevuto o un saluto affettuoso, è compito che richiede una sintonia particolare con il suo stile:
“Leggere queste lettere più che con la mente con il cuore; condividere la sofferenza e cercare di trovare le parole adatte per esprimere quello che il Papa vuole veramente che si esprima: la vicinanza, la condivisione… È veramente nello stile del condividere. Del resto il Papa l’ha sempre detto che il pastore deve vivere con il gregge, con le pecore. Sentire e vivere l’esperienza con loro”.
Fonte: Radio Vaticana