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Il soffio del Risorto e il dono dello Spirito – Parte 1

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Nel Vangelo di Giovanni, il dono dello Spirito è preceduto da un gesto ricchissimo – fatto da Gesù – nel suo simbolismo. Il verbo utilizzato qui è «ἐνεϕύσησεν» (soffiò), che è lo stesso verbo adoperato in Gn 2,7 nel testo della LXX1. Così l’Evangelista fa un vero legame tra la creazione del primo uomo e la ricreazione operata dall’evento pasquale. Il particolare di questo verbo – e del suo rapporto intenzionale con Gn 2,7 – diventa ancora più evidente quando si nota che il verbo compare solo qui in tutto il Nuovo Testamento2.

Così come per Gn 2,7, la nostra comprensione del testo giovanneo viene arricchita quando osserviamo le circostanze in cui compare lo stesso verbo nell’ AT. Difatti Fabris afferma:

«Infatti il verbo greco emphysàn – un apaxlegòmenon del NT – che ricorre complessivamente undici volte nella versione greca dell’ AT (LXX), in almeno quattro casi è associato con lo spirito e il soffio vitale (Gn 2,7, 1Re 17,21; Sp 15,11; Ez 37,9). Escluso il testo di 1Re 17,21, che si riferisce al gesto di Elia per rianimare il figlio della vedova, negli altri tre questo verbo rimanda all’azione di Dio creatore che sta all’origine dello spirito vivificante: in Gn 2,7 si parla di pnoê zōês, che corrisponde a pnèuma, come appare dal confronto con il Sl 104,29-30 e Gb 33,4-6; 34,14; in Ez 37,9 si tratta dello spirito che entra nei morti e li vivifica (Ez 37,9-10); in Sp 15,11 è esplicito il riferimento al creatore che «ispirò», empnèin (nell’uomo) un’anima attiva e «soffiò», emphysàn, uno spirito vitale, pnèuma zōtikòn»3.

 Con questo panorama come sfondo, cogliamo un po’ della densità teologica contenuta nel gesto – che sarà seguito dalle parole – di Gesù. Infatti il gesto nell’ AT «richiama l’atto creatore e vivificatore di Dio»4. In Gv 20,22 il soffio «simboleggia e concretizza il dono dello Spirito Santo, principio onnipotente della nuova creazione operata dalla morte e risurrezione di Cristo»5.

«Disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo”»

Gesù manda i suoi discepoli nel suo nome. Con il gesto e con le sue parole dà loro lo Spirito Santo, garante della missione. Così afferma Fabris:

«Lo Spirito santo, trasmesso da Gesù ai suoi discepoli, li abilita al loro compito di inviati. Essi prolungano la missione di colui che hanno riconosciuto per bocca di Pietro come il “santo di Dio”, che ha parole di vita eterna perché le sue parole sono “Spirito e vita” (Gv 6,63.68-69). In tal modo si realizza la promessa di Gesù nel discorso-testamento relativa al paraclito, lo Spirito santo che il Padre invierà nel suo nome (Gv 14,26)»6.

Léon-Dufour fa una bella osservazione sulle parole «ricevete lo Spirito Santo» in questo contesto, così dice:

«Le parole “ricevete lo Spirito Santo” hanno la concisione di una formula kerigmatica; Gv non riprende il termine “Paraclito”, ma privilegia il tradizionale appellativo biblico. Ora, questo contiene in sé tutto ciò che Gesù ha rivelato a proposito dell’azione dello Spirito: oltre ai differenti aspetti annunciati in occasione degli addii, la rinascita che dà accesso al regno (3,5-6), la vera adorazione del Padre (4,23), il potere di vivificare (6,63), il dono della vita (7,37-38)»7.

Diversi autori si sono chiesti se Gesù abbia realmente dato lo Spirito – e in quale misura – nella risurrezione, giacché il libro degli Atti degli Apostoli colloca questo dono nel giorno di pentecoste (Cfr. At 2,1ss.).

Prima di tutto dobbiamo osservare la costatazione fatta dall’Evangelista al settimo capito, dopo che Gesù ha invitato – a bere – coloro che avevano sete. Così dice il testo: «Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato». Adesso che Gesù è già stato glorificato sulla croce, nulla impedisce che egli abbia effuso lo Spirito realmente nel giorno di Pasqua. D’altra parte il IV vangelo narra che Giovanni Batista aveva riconosciuto colui che «battezza nello Spirito Santo»8. Léon–Dufour difende il dono dello Spirito, qui alla risurrezione, con una domanda: «Mostrando la ferita del costato Gesù non ha forse evocato il fiume d’acqua viva che ne era sgorgato, simbolo dello Spirito dato ai credenti (19,34; cfr. 7,39)?»9. Inoltre lo stesso autore ci fa notare il pericolo di una possibile confusione tra la prospettiva degli Atti degli apostoli e quella del IV vangelo:

«Qual è il rapporto tra questa scena e l’episodio della Pentecoste, raccontato in At 2? Là come qui, il dono dello Spirito inaugura il tempo della Chiesa; ma solo Giovanni, che situa il dono nel giorno di Pasqua, valorizza il suo legame immediato con Gesù risorto e glorificato. Luca, pur scegliendo a sua volta una data simbolica, colloca l’evento dopo un intervallo di cinquanta giorni, con il rischio che il tempo dello Spirito sembri al lettore frettoloso un tempo in qualche modo autonomo. Alcuni interpreti infatti hanno separato il tempo dello Spirito da quello di Cristo, come i discepoli di Gioacchino da Fiore. Il IV vangelo permette di evitare tale errore, mantenendo con chiarezza l’unità dei due tempi: è Gesù che inaugura il tempo dello Spirito. D’altra parte, il racconto lucano della Pentecoste esplicita in modo grandioso la portata universale dell’ avvenimento del dono dello Spirito. Si è proposto di qualificare il nostro testo come “Pentecoste giovannea”, espressione significativa ma paradossale, perché mescola in modo indebito Gv con Luca e identifica il primo giorno con il cinquantesimo, la Pasqua con la Pentecoste»10.

 

Elton Alves – Missionario della Comunità Shalom di Lugano (Svizzera)

 

[1] Gn 2,7: «κaὶ ἔπλασεν ὁ ϑeὸς τὸν ἄνϑρωπον χοῦν ἀπὸ τῆς γῆς κaὶ “ἐνεϕύσησεν” εἰς tὸ πρόσωpον aὐτοῦ πνοὴν ζωῆς, κaὶ ἐγένετο ὁ ἄνϑρωπος εἰς ψυχὴν ζῶσαν».

[2] Cfr. LÉON- DUFOUR, Lettura del Vangelo secondo Giovanni, III, 302.

[3] FABRIS, Giovanni, 1037-1038.

[4] Ibid.,1038.

[5] G. MARCHESI, Il Vangelo della salvezza, commento biblico e teologico alle letture delle domeniche e feste, anno A, Città Nuova, Roma, 1986, 194.

[6] FABRIS, Giovanni,1038.

[7] LÉON – DUFOUR, Lettura del Vangelo secondo Giovanni, III, 304.

[8] Gv 1,33.

[9] LÉON – DUFOUR, Lettura del Vangelo secondo Giovanni, III, 303.

[10] Ibid., 305-306


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