Formazione

La Dottrina sociale della Chiesa come via della nuova Evangelizzazione

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La Chiesa italiana è stata tra la le prime a riflettere e approfondire, sotto impulso del magistero di Giovanni Paolo II, la dimensione della Dottrina Sociale come via della nuova evangelizzazione. Il documento “Evangelizzare il sociale” del 1992, ha dato vita ad una profonda riflessione sulla DSC, inserendosi pienamente nella dimensione evangelizzatrice e pastorale, nella catechesi sociale, nell’analisi antropologica.

Ma la vera svolta per la Chiesa universale è stata la “Caritas in Veritate” (CV) del Papa emerito Benedetto XVI. Con questa enciclica la DSC viene riconosciuta come via della nuova evangelizzazione. Aspetto poi confermato dal Sinodo del 2012 (“La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”).

Benedetto XVI afferma nella CV che la DSC è “annuncio essenziale e testimonianza di fede, è strumento e luogo imprescindibile di educazione ad essa”(Cv n.15). Ancora, riprendendo il magistero del beato Giovanni Paolo II, la CV conferma che la DSC è frutto di un sapere interdisciplinare tra la dimensione della teologia morale e le scienze umane. Questo sapere consente alla fede, alla riflessione teologica, alla metafisica di trovare un dialogo e una collaborazione interdisciplinare a servizio dell’uomo e all’annuncio del Regno di Dio.

 

Invero, la DSC, come tutta le forme di evangelizzazione, non si ferma ad essere “annunciata” solo con le parole, ma “deve” essere vissuta concretamente nella vita della persona e nella società (cfr Cv n.31) per disvelare la Verità cristiana. Ancora di più, la DSC o è “annuncio incarnato della verità dell’amore di Cristo nella società” (cfr Cv n.5) o è un semplice elenco di buoni intenzioni.

Con la Caritas in Veritate, il magistero papale riconosce in maniera piena e nuova la DSC come via della nuova evangelizzazione (cfr Cv n.9). Non solo, questa enciclica rappresenta uno sviluppo rispetto al magistero precedente, ma anche al più recente “Compendio di Dottrina sociale della Chiesa” (2004), in quanto affronta tematiche nuove, che la società postmoderna produce con velocità mai viste in precedenza nella storia dell’umanità. Tematiche da evangelizzare.

In particolare la CV analizza, in maniera profetica, la profonda crisi antropologica e tecnica, esogena ed endogena che affligge l’uomo e la società in questo inizio del Terzo Millennio, offrendo risposte nel segno del cambiamento di “cuore” dell’uomo e della società attraverso Cristo.

La crisi antropologica vede l’affermazione della perdita del senso dell’essere uomo, il trionfo del pensiero debole, dell’egoismo irrazionale, l’esclusione della fraternità, della gratuità, del dono dalla sfera civile ed economica. Pensiamo, ad esempio, al capitalismo finanziario a trazione tecnologica, che ha dato vita ad una globalizzazione le cui fondamenta fanno crescere le diseguaglianze, distruggono il creato e l’uomo, rendendo – come ha detto recentemente Papa Francesco (termine coniato da Zygmunt Bauman) – la vita di miliardi di persone “vite di scarto”.

O pensiamo al modello di sviluppo consumistico e materialistico, attento solo all’assolutizzazione del profitto; a quello fondato sul conflitto d’interessi che mette in crisi la buona politica, la gestione dei beni comuni vecchi e nuovi. Oppure alla crisi delle istituzioni internazionali e alla mancata progettazione di altre istituzioni che sappiano gestire una globalizzazione più equa, solidale e sostenibile. O all’affermazione della tecnocrazia a scapito della democrazia, per non parlare della distruzione dell’ecologia umana e dell’ambiente, ecc.

Quindi cosa intende Ratzinger nella CV per nuova Evangelizzazione attraverso la DSC?

Partendo dalla metodologia affermata nel Concilio Vaticano II, del “vedere-giudicare-agire”, il Papa emerito analizza l’attuale processo di globalizzazione segnalando gli aspetti positivi e negativi. Per Benedetto XVI, la globalizzazione, per rispondere al bene comune e non al bene totale, deve fondarsi sulla cultura personalista e comunitaria aperta alla Trascendenza (cfr n.42).

Egli è consapevole della difficoltà di questa missione perché si scontra con un ethos fondato sul pensiero debole, sull’egolatria, sul relativismo, sull’anonia valoriale. I cristiani, attraverso la DSC, sono chiamati ad annunciare Gesù Cristo in questa generazione, sapendo discernere un nuovo modo di vivere la “città terrena”.

Per incarnare questa missione, i cristiani sono chiamati a sviluppare e diffondere strumenti interpretativi, progettuali ed istituzionali fondati, da un parte, sulla Parola di Dio, sulla memoria storica dei carismi dei vari fondatori attenti all’evangelizzazione del sociale, sulla riflessione teologica. Dall’altra dal dialogo interdisciplinare con le scienze umane, affinché possiamo proporre all’uomo e alla società postmoderna, uno sviluppo integrale, solidale, fraterno, comunitario, sostenibile ed inclusivo.

Per realizzare questa missione, la DSC deve proporre un nuovo ethos che è il frutto del dia-logos tra i diversi saperi (cfr CV n.30), quindi un nuovo umanesimo sociale aperto al Trascendente, un nuovo mood fondato su un cristianesimo più incarnato e vivo capace di testimoniare e vivere il “già ma non ancora” del Regno di Dio in questa generazione.

Carmine Tabarro


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