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La fede in san Paolo – parte 2

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Terzo livello della fede

La fede nel secondo livello è sempre la continuazione dell’opera di Cristo nel credente e la sua personale risposta, conducendo il credente ad una crescita progressiva nel mistero filiale del Figlio. «Però, nella visione di Paolo, il cristiano credente non è mai solo, molto meno diventa un isolato. Si profila così quello che costituisce un terzo livello nel cammino di fede. Tale livello dipende dal secondo e ne è come una conseguenza e una esplicitazione»1. Ed è importante notare che questo «non è successivo al secondo ma gli è in certo senso contemporaneo»2. Si tratta della fede condivisa nella vita comunitaria.

Sicuramente la fede è una risposta personale che, se viene meno nel credente – diventato non credente – nessun altro può riempire il vuoto della sua non adesione a Cristo. La fede comunitaria ed ecclesiale non esenta, ma proprio favorisce ed arricchisce la fede personale. Quando la fede al secondo livello è vissuta in comunità «scatta qualcosa di nuovo. È quanto viene sperimentato nelle assemblee liturgiche paoline»3. L’“inno cristologico” della lettera ai Filippesi ne è una dimostrazione.

È comunemente acetato che, degli inni cristologici delle lettere di Paolo, non ne è lui l’autore e che questi erano già espressione di fede della chiesa primitiva. Ecco in questo contesto abbiamo l’inno cristologico della lettera ai Filippesi, dove «la parte propriamente innica (Fil 2,6-11) è messa in contatto diretto con un contesto comunitario particolarmente coinvolgente e, chiaramente, sembra dipenderne»4. Questa dipendenza è così importante da essere considerata come un’introduzione, senza la quale, «non avremmo l’espressione dell’altissima cristologia propria dell’Inno5».

La fede personale è, in certo senso, dipendente della fede comunitaria giacché la riceviamo di un altro e non la produciamo noi stessi. La fede personale è aiutata nel suo maturamento per mezzo della assemblea dei credenti. «ln effetti sono proprio le “confessioni di fede”, come pure le espressioni letterarie di carattere innico, che manifestano un contenuto di fede condivisa, quindi comunitaria, che ricade poi sui singoli come stimolo e come arricchimento»6, e così intravediamo la mutua dipendenza tra questi due livelli di fede.

 

Quarto livello della fede

La fede condivisa in comunità è bellissima e fondamentale per la vita di ogni singolo credente. Questa comunione riflette bene il mistero della Chiesa che è “communio”7. La Chiesa è communio ed è allo stesso tempo chiamata a fare comunione, comunicando la vita di Cristo che la nutrisce e la sostiene.

Così arriviamo al quarto livello della fede che possiamo chiamare la fede-missionaria. Ne troviamo un’esplicitazione su questo livello di fede nella seconda lettera ai Corinzi: «Animati tuttavia da quello stesso Spirito della fede di cui sta scritto: Ho creduto, perciò ho parlato, anche noi crediamo e perciò parliamo»8. Lo Spirito viene chiamato “Spirito della fede”. Questa realtà è in comunione con il Vangelo di Giovanni, quando dice: «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio»9. Lo Spirito testimonia in noi la verità di Cristo, ed il Cristo che è verità. Questo Spirito spinge gli apostoli a dare anche loro testimonianza di Cristo, ecco la fede missionaria. Se veramente crediamo, e perciò viviamo di questa fede, niente è in più conformità al credere che l’annuncio della fede creduta e vissuta. In fatti «lo “stesso Spirito della fede” a cui si riferisce (Paolo) è, in radice, lo Spirito santo che attiva l’esperienza di fede sia di Paolo sia dei suoi collaboratori. Ed è lo Spirito che li guida nell’ attività missionaria»10.

Questa è una esperienza attestata nella vita della Chiesa primitiva «Notiamo in effetti che quando si ha un’intensa vita cristiana comunitaria, come in Antiochia, è proprio là che scatta l’impulso missionario per opera dello Spirito: “Mentre essi prestavano un servizio liturgico al Signore e facevano digiuno, lo Spirito Santo disse: Mettetemi da parte Saulo e Barnaba per l’opera a cui li ho destinati” (Atti 1,2)». «Si ha quindi una fede, un credere, che si situano chiaramente nel contesto della missione. C’è una proporzione diretta tra credere e parlare»11.

 

Elton Alves (Comunità di Vita – Lugano)

Guido Aragão (Comunità di Alleanza – Fortaleza)

Missionari della Comunità Cattolica Shalom

 

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[1] ASSOCIAZIONE TEOLOGICA ITALIANA, Le virtù teologali: la vita cristiana nella fede, speranza e carità. Edizioni San Paolo, 86. Torino, 2005.

[2] Ibid.

[3] Ibid.

[4] ASSOCIAZIONE TEOLOGICA ITALIANA, Le virtù teologali: la vita cristiana nella fede, speranza e carità. Edizioni San Paolo, 87. Torino, 2005.

[5] Ibid.

[6] Ibid.

[7] Cfr: Sinodo dei Vescovi, Relazione finale dell’assemblea straordinaria Ecclesia sub verbo Dei mysteria Christi celebrans pro salute mundi, 7.XII.1985, in EV 9, n. 1800. Sull’ecclesiologia di comunione cf anche: Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera Communionis notio [=CN], 28.V.1992, AAS 85 (1993) 838-850 e in EV 13, nn. 1774-1807.

[8] ASSOCIAZIONE TEOLOGICA ITALIANA, Le virtù teologali: la vita cristiana nella fede, speranza e carità. Edizioni San Paolo, 88. Torino, 2005; L’espressione “Spirito della fede” fa pensare allo “Spirito della verità” proprio del IV Vangelo (Gv 14,17;15,26;16,13.Vedi anche 1Gv 4,6). E lo Spirito che gestisce, annunciandola, la verità di Gesù.

[9] Gv 15, 26-27.

[10] ASSOCIAZIONE TEOLOGICA ITALIANA, Le virtù teologali: la vita cristiana nella fede, speranza e carità. Edizioni San Paolo, 88. Torino, 2005.

[11] Ibid.


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