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Laudato si’: una chiave di lettura

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12735Bisogna rileggere il “Cantico” di Francesco d’Assisi, che proprio per questa rilettura è stampato in questa pagina e che papa Bergoglio ha posto come titolo della sua “prima Enciclica” interamente ascrivibile alla paternità di Papa Francesco. Esso illumina tutto il documento del Papa, spiega perché Bergoglio ha preso il nome di Francesco che non era mai stato usato nei duemila anni di storia della Chiesa e soprattutto dà significato e risposta ad una domanda che molti, fedeli e non fedeli, si sono posti: perché mai papa Francesco dedica la sua prima Enciclica all’ecologia? Non ci sono altri problemi assai più pressanti e drammatici in questi tempi oscuri che stiamo attraversando? Certo che ci sono e papa Francesco li affronta uno dopo l’altro in tutta la loro plenitudine, cominciando da quello della povertà, dall’emigrazione di interi popoli ormai senza terra, dalle guerre che dilaniano il mondo, dall’imperante egoismo, dall’intollerabile diseguaglianza economica e sociale. Lui non si rivolge soltanto ai cristiani ma a tutti gli uomini che Dio ha creato con la terra affidando essi alla terra e la cura della terra a loro, cioè a noi.

Tutti i commentatori dell’Enciclica che in questi giorni ne hanno letto il testo, hanno concordemente sottolineato questi “passaggi” dandone ovviamente diverse interpretazioni. In questo nostro intervento daremo una guida alla lettura.

Una premessa. Come detto siamo davanti a un’Enciclica sull’ambiente ma, ancora più in profondità, sul senso dell’esistenza e sui valori alla base della vita sociale. Si può definire così, in estrema sintesi, la “prima”, attesissima Enciclica di papa Francesco, Laudato si’

Come detto il documento prende il nome dalla nota invocazione di san Francesco d’Assisi, che nel Cantico delle creature ricorda che la terra, la nostra casa comune, “è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia” (1). 

Questa terra, maltrattata e saccheggiata, oggi si lamenta; con essa, tanti dei suoi abitanti. Papa Francesco invita ad ascoltarli, sollecitando tutti e ciascuno a una “conversione ecologica”, secondo l’espressione di san Giovanni Paolo II, cioè a “cambiare rotta”, assumendo la bellezza e la responsabilità di un impegno per la “cura della casa comune”. 

Nel testo ci sono denunce molto dure, contro gli egoismi e la miopia alla base di una certa concezione dello sviluppo e contro i danni che ne derivano per l’essere umano e per l’ambiente, ma lo sguardo del Pontefice sembra illuminato anzitutto dalla speranza. “L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune” (13); “l’essere umano è ancora capace di intervenire positivamente” (58); “non tutto è perduto, perché gli esseri umani, capaci di degradarsi fino all’estremo, possono anche superarsi, ritornare a scegliere il bene e rigenerarsi” (205). 

Un altro tratto distintivo dell’Enciclica è certamente la costante attenzione a entrare in dialogo con tutti, non solo con i fedeli cattolici. Il dialogo percorre tutto il testo, e nel capitolo 5 diventa lo strumento per affrontare e risolvere i problemi. Tanto che, in non pochi passaggi, il Papa assume esplicitamente il contributo sui temi ambientali offerto da cristiani non cattolici (in particolare il Patriarca ecumenico Bartolomeo I), da altre religioni e da scienziati, filosofi e associazioni che hanno “arricchito il pensiero della Chiesa su tali questioni” (7). 

L’itinerario dell’Enciclica è tracciato nel n. 15 e si snoda in sei capitoli, di cui di seguito offriamo una sintesi. A dare unitarietà al tutto sono alcuni assi tematici che percorrono il documento papale, affrontati da una varietà di prospettive diverse: “l’intima relazione tra i poveri e la fragilità del pianeta; la convinzione che tutto nel mondo è intimamente connesso; la critica al nuovo paradigma e alle forme di potere che derivano dalla tecnologia; l’invito a cercare altri modi di intendere l’economia e il progresso; il valore proprio di ogni creatura; il senso umano dell’ecologia; la necessità di dibattiti sinceri e onesti; la grave responsabilità della politica internazionale e locale; la cultura dello scarto e la proposta di un nuovo stile di vita” (16) 

Capitolo primo – Quello che sta accadendo alla nostra casa 

L’incipit è l’ascolto della situazione a partire dalle migliori acquisizioni scientifiche in materia ambientale oggi disponibili. Esse ci consentono di ascoltare il grido della creazione e di “trasformare in sofferenza personale quello che accade al mondo, e così riconoscere qual è il contributo che ciascuno può portare” (19). 

Così, il primo capitolo insiste su alcuni aspetti della crisi ecologica maggiormente urgenti e preoccupanti: i mutamenti climatici, definiti “una delle principali sfide attuali per l’umanità”, il cui impatto ricade sui più poveri; la questione dell’acqua, “un diritto umano essenziale (…), condizione per l’esercizio degli altri diritti umani” (30); la tutela della biodiversità, necessaria quando l’intervento umano si pone a servizio della finanza e del consumismo e “fa sì che la terra in cui viviamo diventi meno ricca e bella, sempre più limitata e grigia” (34); il debito ecologico, un problema reale che chiama in causa la responsabilità del Nord del mondo nei confronti del Sud. 

Nel complesso, di fronte ai drammi connessi a queste problematiche, papa Francesco si mostra profondamente colpito dalla “debolezza delle reazioni”: nonostante non manchino esempi positivi (58), egli segnala “un certo intorpidimento e una spensierata irresponsabilità” (59). Mancano una cultura adeguata (53) e la disponibilità a cambiare stili di vita, produzione e consumo (59). 

Capitolo secondo – Il Vangelo della creazione 

Le problematiche presentate nel capitolo precedente vengono qui rilette alla luce delle Sacre Scritture, con un rilievo particolare dato al racconto della creazione. Esso suggerisce “che l’esistenza umana si basa su tre relazioni fondamentali strettamente connesse: la relazione con Dio, quella con il prossimo e quella con la terra. Secondo la Bibbia, queste tre relazioni vitali sono rotte, non solo fuori, ma anche dentro di noi. Questa rottura è il peccato” (66). 

Chiarito che l’essere umano non è e non può ritenersi padrone dell’universo, il Papa spiega che questo «non significa equiparare tutti gli esseri viventi e toglier[gli] quel valore peculiare» che lo caratterizza; e “nemmeno comporta una divinizzazione della terra, che ci priverebbe della chiamata a collaborare con essa e a proteggere la sua fragilità” (90). 

Conclude il capitolo il cuore della rivelazione cristiana: “Gesù terreno” con la “sua relazione tanto concreta e amorevole con il mondo” è “risorto e glorioso, presente in tutto il creato con la sua signoria universale” (100). 

Capitolo terzo – La radice umana della crisi ecologica 

Dopo una panoramica dei “sintomi” della situazione attuale, e dopo un inquadramento del problema a livello biblico-teologico, l’Enciclica affronta le cause profonde della crisi ecologica, in dialogo con la filosofia e le scienze umane. 

Questo capitolo si apre con alcune riflessioni su apporto, limiti e rischi della tecnologia. Essa, dice Francesco, dà “a coloro che detengono la conoscenza e soprattutto il potere economico per sfruttarla un dominio impressionante sull’insieme del genere umano e del mondo intero” (104). E sono proprio le logiche di dominio tecnocratico che portano a distruggere la natura e a sfruttare le persone e le popolazioni più deboli. 

Alla radice si diagnostica nell’epoca moderna un eccesso di antropocentrismo (116): nel proprio rapporto con l’ambiente e con i suoi simili, l’essere umano assume una posizione autoreferenziale, centrata esclusivamente su di sé e sul proprio potere. Ne deriva una logica “usa e getta” che giustifica ogni tipo di scarto, ambientale o umano che sia, che tratta l’altro e la natura come semplice oggetto e conduce a innumerevoli forme di dominio. 

Con queste premesse l’Enciclica affronta due problemi cruciali per il mondo di oggi: il lavoro (124-129) e i limiti del progresso scientifico, con chiaro riferimento agli OGM (132-136), su cui Francesco invoca un dibattito responsabile e ampio. 

 

Capitolo quarto – Un’ecologia integrale 

Arriviamo qui al cuore della Laudato si’: l’ecologia integrale come nuovo paradigma di giustizia; un’ecologia “che integri il posto specifico che l’essere umano occupa in questo mondo e le sue relazioni con la realtà che lo circonda” (15). È questa una prospettiva che mette in gioco anche una ecologia delle istituzioni: “Se tutto è in relazione, anche lo stato di salute delle istituzioni di una società comporta conseguenze per l’ambiente e per la qualità della vita umana: Ogni lesione della solidarietà e dell’amicizia civica provoca danni ambientali” (142) 

C’è un legame tra questioni ambientali e questioni sociali e umane che non può mai essere spezzato, e il Papa lo fa capire con numerosi esempi. A sua volta, l’ecologia integrale “è inseparabile dalla nozione di bene comune” (156), da intendersi in maniera concreta, da concretizzare nella vita quotidiana in scelte solidali guidate da “una opzione preferenziale per i più poveri” (158) e dal desiderio di lasciare un mondo sostenibile alle prossime generazioni. 

 

Capitolo quinto – Alcune linee di orientamento e di azione 

Che cosa posso fare io? E che cosa chiedere alle istituzioni internazionali? Le analisi e le denunce, infatti, non bastano: ci vogliono proposte “di dialogo e di azione che coinvolgano sia ognuno di noi, sia la politica internazionale» (15). La Chiesa, chiarisce Francesco, non pretende di definire le questioni scientifiche, né di sostituirsi alla politica, ma [io] invito ad un dibattito onesto e trasparente, perché le necessità particolari o le ideologie non ledano il bene comune” (188). 

E proprio nel nome di questo bene comune, auspicando un accordo sui regimi di governance e sulla protezione dell’ambiente, il Papa non esita a formulare un giudizio severo sui Vertici mondiali sull’ambiente degli ultimi anni: “Non hanno risposto alle aspettative perché, per mancanza di decisione politica, non hanno raggiunto accordi ambientali globali realmente significativi ed efficaci” (166). Aggiungendo: “L’ambiente è uno di quei beni che i meccanismi del mercato non sono in grado di difendere o di promuovere adeguatamente” (190). 

 

Capitolo sesto – Educazione e spiritualità ecologica 

Nel capitolo finale l’Enciclica va al cuore della conversione ecologica, invitando a cambiamenti radicali negli stili di vita – individuali, familiari, collettivi -, nei percorsi educativi, nelle dinamiche massmediatiche. 

“Un’ecologia integrale è fatta anche di semplici gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo” (230). Tutto ciò sarà più semplice ponendosi in un atteggiamento di sobrietà e a partire da uno sguardo contemplativo che viene dalla fede: “Per il credente, il mondo non si contempla dal di fuori ma dal di dentro, riconoscendo i legami con i quali il Padre ci ha unito a tutti gli esseri” (220). 

I santi ci accompagnano in questo cammino. San Francesco, più volte citato, è “l’esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia” (10), modello di come «sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore. Ma l’enciclica ricorda anche san Benedetto, santa Teresa di Lisieux e il beato Charles de Foucauld. 

L’Enciclica termina con due preghiere, una offerta alla condivisione con tutti coloro che credono in “un Dio creatore onnipotente» (246), e l’altra proposta a coloro che professano la fede in Gesù Cristo, ritmata dal ritornello Laudato sì.


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