Proprio nel momento in cui come comunità decidiamo di fare un pellegrinaggio il 3 ottobre ad Assisi veniamo a conoscenza che una sera di marzo scorso dopo aver chiuso ai pellegrini i pesanti portoni della Basilica inferiore, un numero limitato di specialisti e di frati e’ sceso in silenzio nella cripta a sollevare la lastra di travertino che ricopre il sarcofago venerato da cinque milioni di fedeli all’anno. Il cuore in gola, il respiro sospeso. Non accadeva da ventuno anni che si levassero quei sigilli. Era la quarta volta in otto secoli. E non accadrà più per almeno un altro mezzo secolo.
“Arto inferiore: frattura della diafisi di destra con frammentazione distale”.
Non è la diagnosi di un giocatore infortunato: è il referto dell’ultima visita ortopedica a San Francesco, stilata dal professor Nicolò Valentino Miani, 90enne ex direttore di anatomia umana alla Cattolica di Roma, che ha “in cura” dal 1978 i resti del patrono d’Italia. L’ultima ispezione è stata svolta, in gran segreto, il 25 marzo e i francescani ne danno notizia solo ora, sulla rivista San Francesco di padre Enzo Fortunato.
“Laudato si’, mi’ Signore” hanno intonato i frati prima di incontrare, quasi tutti per la prima e ragionevolmente anche ultima volta nella loro vita, l’uomo cui hanno dedicato la propria esistenza. In questa occasione, infatti, a differenza del 1994, è stato eccezionalmente concesso a circa 150 di loro il privilegio di sfilare e raccogliersi davanti alla teca di plexiglass lunga poco più di un metro, dentro la quale, nel 1978, fu ricomposto lo scheletro di Francesco per essere conservato in azoto. Un momento di fortissima emozione e solennità che, con francescana coerenza, si è deciso d’intesa con la Santa Sede di mantenere intimo, e non trasformare in uno show planetario che sicuramente avrebbe fatto impennare i fatturati di Assisi (nel ‘78 le ossa furono esposte al pubblico per quasi due mesi).
“Francesco è un santo essenziale dalla popolarità disarmante – spiega la scelta di non fare della ricognizione delle ossa un evento – Ci rendiamo conto di quanto il mondo guardi a lui per ispirarsi, perché ognuno è accolto come è ma anche interpellato. Abbiamo pensato che, costretto a mostrarsi di nuovo, l’avrebbe fatto in modo riservato. In fondo, quando morì aveva solo i suoi frati intorno. Abbiamo riascoltato la sua voce, che in punto di morte raccomandò l’amore tra fratelli, e ci siamo sentiti nudi davanti alla sua verità. Un’opportunità perché ciascuno potesse ritrovare se stesso e la propria vocazione. Francesco è di tutti, si potrebbe obiettare, ma per quanto incoerenti e indegni siamo noi frati ad avere l’incarico di mediare il suo messaggio”.
Commozione, armonia, bellezza, senso: sono le parole che ricorrono nei ricordi dei frati che hanno partecipato. “Mi ha toccato molto – racconto il Custode – capire cosa possono pensare gli orientali che hanno una visione spirituale delle reliquie. L’amore vivo tocca anche nella carne, il corpo non è una scatola ma un’espressione di noi stessi. Tanto più ci si lascia abbracciare anche dai sensi interni, quanto più la dimensione spirituale ne esce arricchita”.
San Francesco, morto nella Porziuncola il 3 ottobre 1226, fu sepolto a San Giorgio poi, nel 1230, sotto questa Basilica in costruzione, in un sarcofago di pietra grezza di dodici quintali, al riparo anche dai predatori. Nel 1818, su ordine di Pio VII, ci vollero 52 giorni per riportarlo alla luce e collocarlo, nel 1932, nella cripta disegnata da Ugo Tarchi. Il primo intervento conservativo sui resti fu disposto nel 1978 da Paolo VI, poi le due ispezioni del 1994 e 2015 a confermare il buono stato. Riaperto il sarcofago la sera del 24 marzo, in un’oretta, i frati hanno potuto visitarlo la sera dopo, dalle 20 alle 21.30, dopo aver accolto il garbato invito di padre Gambetti al massimo riserbo: il santo non è finito su Instagram. Il professor Miani ha prescritto la prossima visita tra 40 anni.
E’ in questo clima di grazia che ci predisponiamo per il nostro pellegrinaggio.
Allora vi invitiamo a non farvi fuggire questo pellegrinaggio in questo tempo di Grazia e nel giorno che ricorda la morte terrena di San Francesco.
Ricordiamo che San Francesco d’Assisi insieme a Santa Teresa d’Avila sono le due colonne che sorreggono il nostro carisma.
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