Le persone battezzate, che hanno stabilito una nuova unione dopo il fallimento del matrimonio sacramentale, non sono scomunicate – come alcuni pensano – ma fanno sempre parte della Chiesa. Lo ha ricordato Papa Francesco che, per la ripresa in Aula Paolo VI delle udienze generali dopo la pausa di luglio, ha scelto di continuare la riflessione sulle famiglie ferite.
Nessuna scomunica per nuove unioni dopo fallimento matrimonio sacramentale
Nelle nostre comunità è urgente sviluppare “un’accoglienza reale” verso le persone che, in seguito “all’irreversibile fallimento” del loro legame matrimoniale, hanno intrapreso una “nuova unione”. Papa Francesco torna sul tema delle famiglie ferite e parla di un’attenzione particolare verso coloro che sono stati feriti “nel loro amore”:
“E’ necessaria una fraterna e attenta accoglienza, nell’amore e nella verità, verso i battezzati che hanno stabilito una nuova convivenza dopo il fallimento del matrimonio sacramentale; in effetti, queste persone non sono affatto scomunicate – non sono scomunicate! – e non vanno assolutamente trattate come tali: esse fanno sempre parte della Chiesa”.
Attenzione ai figli, ai più piccoli
Il Papa lo ripete anche in spagnolo, ribadendo che non si tratta di scomunicati, “come alcuni pensano”, e invita a guardare “questi nuovi legami” con gli occhi dei figli piccoli, dei bambini:
“Per questo è importante che lo stile della comunità, il suo linguaggio, i suoi atteggiamenti, siano sempre attenti alle persone, a partire dai piccoli. Loro sono quelli che soffrono di più, in queste situazioni”.
Chiesa madre, disposta ad ascolto e accoglienza
D’altra parte, si domanda il Pontefice, come raccomandare ai genitori di “educare i figli alla vita cristiana, dando loro l’esempio di una fede convinta e praticata”, se poi li tenessimo a distanza dalla vita della comunità, “come se fossero scomunicati”?:
“Si deve fare in modo di non aggiungere altri pesi oltre a quelli che i figli, in queste situazioni, già si trovano a dover portare! Purtroppo, il numero di questi bambini e ragazzi è davvero grande. E’ importante che essi sentano la Chiesa come madre attenta a tutti, sempre disposta all’ascolto e all’incontro”.
Chiesa né insensibile, né pigra
È sul ruolo della Chiesa che il Papa fa poi un breve excursus, citando sia san Giovanni Paolo II che individuava un “dovere”, invitando a compiere un “discernimento”, a notare la differenza “tra chi ha subito la separazione rispetto a chi l’ha provocata”, sia Benedetto XVI, che ha auspicato un “sapiente accompagnamento pastorale”. La Chiesa, sottolinea Francesco, in questi decenni “non è stata né insensibile né pigra”, sapendo bene che queste realtà contraddicono “il Sacramento cristiano”, ma in essa “è molto cresciuta la consapevolezza” dell’accoglienza, perché il suo sguardo “di maestra attinge sempre da un cuore di madre”, cercando “il bene e la salvezza delle persone”:
“Di qui il ripetuto invito dei Pastori a manifestare apertamente e coerentemente la disponibilità della comunità ad accoglierli e a incoraggiarli, perché vivano e sviluppino sempre più la loro appartenenza a Cristo e alla Chiesa con la preghiera, con l’ascolto della Parola di Dio, con la frequenza alla liturgia, con l’educazione cristiana dei figli, con la carità e il servizio ai poveri, con l’impegno per la giustizia e la pace”.
Chiesa è madre accogliente: niente porte chiuse!
L’esortazione del Papa – partendo dall’Evangelii gaudium – è quella di ispirarsi all’icona biblica del Buon Pastore, secondo la missione che Gesù ha ricevuto dal Padre: “quella di dare la vita per le pecore”:
“Tale atteggiamento è un modello anche per la Chiesa, che accoglie i suoi figli come una madre che dona la sua vita per loro. ‘La Chiesa è chiamata ad essere sempre la casa aperta del Padre’. Niente porte chiuse! Niente porte chiuse! ‘Tutti possono partecipare in qualche modo alla vita ecclesiale, tutti possono far parte della comunità. La Chiesa è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa’”.
Prendersi cura delle famiglie ferite
La missione affidata alle famiglie cristiane è allora quella di prendersi cura delle famiglie ferite, “accompagnandole nella vita di fede della comunità”:
“Ciascuno faccia la sua parte nell’assumere l’atteggiamento del Buon Pastore, il quale conosce ognuna delle sue pecore e nessuna esclude dal suo infinito amore”.
I saluti
Nei saluti finali, ha tra gli altri ricordato le suore polacche della Congregazione di Santa Elisabetta e tutte le persone consacrate “che approfittano del tempo delle vacanze” per svolgere ritiri ed esercizi spirituali, approfondendo “il loro legame con Cristo e l’impegno nella comunità della Chiesa”; i partecipanti al ‘Meeting Internazionale Giovani verso Assisi’; i ministranti delle diocesi di Palermo e Treviso; i giovani del Festival del Folklore di Cori e l’associazione ‘Solidarietà con il Popolo Saharawi’.
Radio Vaticana