Formazione

Quaresima, un deserto fertile

Il deserto, in questo senso, è il luogo in cui Dio stesso attira i suoi figli, dove conduce il popolo di Israele nel deserto, per parlare al suo cuore.

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La Quaresima, un tempo molto ricco per tutta la Chiesa, è un grande invito ad approfondire la nostra preparazione alla Pasqua del Signore. È un invito liberatorio per tutti i cristiani, che favorisce un fruttuoso ritorno al cuore di Dio attraverso un perfetto pentimento. Come si legge nel libro del profeta Ezechiele: “Pentitevi, allontanatevi dai vostri peccati e non ricadrete nel peccato. Gettate via i debiti che avete commesso e formatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo” (Ezechiele 18:30-31). 

Quando sperimentiamo una vera conversione, ci troviamo faccia a faccia con la nostra indifferenza verso Dio.  Sappiamo che l’uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio, ma è sottoposto a una lotta contro il peccato, che insiste nel rubare questa somiglianza cercando di distruggere gli aspetti, le caratteristiche, il senso autentico della vita e, soprattutto, la santità originale che abbiamo ricevuto da Dio. 

Il luogo dell’eterno

È il momento di inserirsi nel cammino coniugale che segue la Via Crucis: la via della Croce e della Risurrezione, la via verso e dalla felicità, la via della conformità all’Agnello Immolato, la via della preghiera, del digiuno e della penitenza. È il momento di assumere il mistero di Cristo e di configurarsi a Lui, seguendo le sue orme. Questi passi inaugurano la vita pubblica nel deserto e si consumano nella passione, nella croce, nella morte e nella risurrezione. Il deserto è il luogo dell’eterno combattimento con il diavolo stesso, ma è anche il luogo dell’intimità con il divino, poiché il deserto è il luogo dell’incontro con Dio, dove l’uomo si vede alla luce della Verità, vede le realtà interiori ed esteriori, e dove deve ancora convertirsi. 

Luogo di battaglia spirituale

Il deserto, in questo senso, è il luogo in cui Dio stesso attira i suoi figli, come sottolinea il Deuteronomio 8, in cui conduce il popolo di Israele nel deserto per parlare al suo cuore. Immergersi nel mistero del deserto, quindi, richiede un atteggiamento di supplica e di docilità, in vista della purificazione, dello svuotamento, della spogliazione e del nascondimento di ogni persona.

Per molti, il deserto significa una battaglia spirituale da combattere, soprattutto per coloro che sono più lontani da Dio. Questi si trovano nel vuoto esistenziale, cioè immersi nella frustrazione dell’assenza di senso della vita, come sottolineava Viktor Frankl, il fondatore della Logoterapia. Per San Tommaso d’Aquino, questa assenza di senso significa che “più l’uomo si allontana da Dio, più si avvicina al nulla”, riconoscendo la necessità di essere sempre davanti a Dio. Allo stesso modo, San Paolo afferma: “la Grazia di Dio è tutto”

Luogo di silenzio interiore

Nel deserto spirituale, l’uomo è spinto al silenzio interiore, all’intimità con Dio. Questo luogo, che ci invita alla preghiera, ci incoraggia ad ascoltare la voce del Maestro, che risuona e ci conduce dalla schiavitù dei nostri peccati alla libertà dell’uomo nuovo per un tempo nuovo. Come accadde al beato Charles de Foucauld, quando disse: “Tutto è cambiato per sempre nella mia vita; appena ho capito che Dio esisteva, ho capito che non potevo fare altro che vivere per lui”. “Dio è così grande e c’è una grande differenza tra Dio e tutto ciò che non è Dio…”. Fu proprio in un deserto che questo grande Beato fece la singolare esperienza della sua vita. Un’esperienza che lo portò a decidere di abbandonare tutto. In questo caso, il deserto è anche un luogo di decisione! 

Un altro esempio espressivo, che ci porta alla meditazione, è quello di Oscar Wilde, un grande scrittore, che ebbe anch’egli questa esperienza di deserto. Dopo aver toccato la sua umanità, si pentì e si rivolse al Sacramento della Riconciliazione, dicendo: “Il momento supremo di un uomo – non posso mai dubitarne – è quando si inginocchia nella polvere, si batte il petto e confessa tutti i peccati della sua esistenza”.  La pace che deriva da queste parole è impagabile: “Ti assolvo dai tuoi peccati… Vai in pace”

Questa è la grandezza del deserto, che porta l’uomo all’incontro con Dio e con se stesso. Solo l’insondabile amore di Dio per l’uomo è capace di introdurlo in questo contesto per ricrearlo. Nel deserto, infatti, Dio si rivela all’uomo e si svela a lui: squarcia il velo, mostrandogli chi è veramente e di cosa è fatto. In questo momento possiamo proclamare, come il Salmista, dicendo al Signore: “Ha condotto il suo popolo nel deserto, perché il suo amore è per sempre” (Salmo 136:16)

Smascherare la nostra debolezza

Sapendo questo, il deserto è come un puro svelamento dei peccati. Peccati che lo rendono empio, imprigionato, vuoto e impedito di corrispondere al cammino di fedeltà alla santità. A questo proposito, Santa Teresa d’Avila proclama: “L’anima non ricorda la pena che deve soffrire per espiare i suoi peccati”. Qui l’anima, avvertendo un vuoto, un’accidia, un intorpidimento, una disperazione maltrattante, si trova a perdere il gusto della contemplazione, il desiderio ardente della santità, ed è invasa da una tristezza, da una solitudine, come se Dio fosse assente, come se si fosse temporaneamente ritirato dalla vita dell’uomo, al punto da implorare la sua presenza. Dal momento che l’uomo non sente più le consolazioni di Dio ma solo le tentazioni del diavolo, per alcuni c’è un’aridità spirituale, per altri una confusione spirituale. 

Entrando nel mistero del deserto, l’uomo viene raggiunto dalla Grazia divina, che lo introduce nel cammino per toccare la verità più cristallina dell’amore di Dio: i segni gloriosi della Passione. Sant’Ambrogio dice che “nulla è più consolante e glorioso che portare i segni di Gesù Crocifisso”. Allo stesso modo, Sant’Alfonso Maria de Liguori sottolinea quando dichiara che “il trono della grazia è la Croce, dove Gesù siede per distribuire grazie e misericordia a coloro che si rivolgono a lui”. In questo modo, l’uomo viene raggiunto dalla Passione di Cristo e getta le sue miserie sulla misericordia del Crocifisso, tornando ad essere figlio nel Figlio. Come scrive San Giovanni d’Avila: “Signore, quando ti vedo sulla Croce, tutto mi invita ad amarti: l’albero… e a non dimenticarti più”.  Vivere nel deserto ci spinge a sentire l’amore estremo di Cristo: la Via Crucis. 

Un luogo di luce

L’essere nel deserto, anche se può provocare un rifiuto a causa dell’aridità e delle verità scoperte, è ciò che fa sì che la luce si proietti sull’uomo. È come se l’uomo usasse una “lente d’ingrandimento divina” che gli permette di vedere tutta la sua condizione umana. Raggiunto dalla grazia, l’uomo passa a questa lotta interiore, che costituisce il combattimento costante delle tentazioni del deserto. Allo stesso tempo, l’uomo si risveglia alla realtà più chiara: Dio sta combattendo per lui! Spetta all’uomo collaborare con la grazia pregando, vegliando, digiunando, combattendo; in altre parole, Dio attende l’azione umana. 

Nel deserto l’uomo viene formato, rafforzato, liberato dai suoi peccati, per essere ordinato al suo fine ultimo, il cielo, l’eternità. Giustamente, diceva san Filippo Neri, “preferisco il paradiso”. Si lascia ricreare dalla Passione di Cristo, attraverso il processo quotidiano di croce, morte e risurrezione. Come ha sottolineato bene San Bonaventura, “nulla contribuisce tanto alla santità di una persona quanto la Passione di Cristo”

Un luogo di maturazione

In questa esperienza, l’uomo matura e si affina sul cammino dell’unione con Dio. Durante questo cammino, l’uomo prende coscienza dei suoi disturbi più nascosti, delle sue debolezze e delle sue inclinazioni più perverse. Come esclamava Sant’Agostino, “il peccatore non può sopportare se stesso; i peccati sono dolore, la santità è vera gioia”. Questo risveglio genera il pentimento, la contrizione perfetta, il desiderio di cambiamento interiore e la gioia di tornare all’Essenziale.

Quest’uomo sperimenta la liberazione dalle sue catene: la schiavitù, il dolore, la morte, la freddezza, l’aridità, perché il peccato lo aveva deformato, lui, la più bella creatura di Dio. Attraverso il sangue redentore, che è il sigillo dell’assoluzione dai peccati, l’uomo diventa ora degno di ricevere il Bene supremo, che lo rende capace di ricominciare sempre, perché la lotta nel deserto è quotidiana e dura tutta la vita. Lungi dallo scoraggiarci, questa verità ci spinge a vivere di battaglia in battaglia e, con Dio, di vittoria in vittoria. Questo dimostra quanto sia fertile il deserto, perché vi abita il Sacro: non siamo soli.


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