Shalom

“I giovani ci sorprendono sempre. Sono la speranza della Chiesa e del mondo”

A parlare è Padre Joao Chagas, sacerdote e missionario della comunità di vita – che vive in missione a Roma da più di 20 anni – a servizio della Comunità Cattolica Shalom e della Chiesa intera. Egli ha vissuto un periodo di grande ricchezza, pieno di esperienze segnate dal protagonismo dei giovani di tutto il mondo e che ora sta culminando con il suo ritorno a Fortaleza (Brasile).

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Padre Joao giunto a Roma come seminarista per completare il suo percorso di studi; in seguito, per circa 10 anni ha assunto il ruolo di Assistente Internazionale della Comunità, contribuendo alla diffusione del Carisma Shalom nei cinque continenti. Dal 2011 fino allo scorso febbraio, ha lavorato presso la Santa Sede all’interno del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, luogo che lo ha visto dedicarsi interamente ai giovani, nell’organizzazione della Giornata Mondiale della Gioventù (GMG) e di altre iniziative come il Forum dei Giovani.

Qual è il suo bilancio del periodo trascorso in Italia e del suo lavoro nel Dicastero?

Lavorare a Roma, in Vaticano, e collaborare con la missione del Santo Padre mi ha fatto capire che la nostra missione è quella di essere ponti, di collegare le persone, di metterle in relazione, di unirle. Un Dicastero della Curia Romana dovrebbe essere un luogo dove le persone possono incontrarsi e camminare insieme. Soprattutto lavorando con la GMG, vediamo i miracoli di Dio. È impossibile organizzare un evento così grande senza vedere la mano di Dio che guida tutto. Senza la grazia, sarebbe impossibile.  

Padre João Wilkes Chagas

Ha avuto modo di salutare il Papa?

Ho avuto la possibilità di incontrare il Papa a gennaio. Ho condiviso con lui alcune delle mie esperienze di questi anni di missione a Roma. Gli ho detto che, da quando sono arrivato in Italia, la mia intenzione è sempre stata quella di vivere per amore: i miei studi da seminarista, la mia vita vocazionale, missionaria e sacerdotale, il mio servizio in Vaticano. Ho potuto anche trasmettere al Santo Padre le intenzioni di preghiera della mia famiglia e di quelle persone che mi sono più vicine. Alla fine dell’incontro me ha benedetto. È stato per me un incontro molto significativo.

Ci racconta un’esperienza che ha segnato la sua vita sacerdotale e missionaria?

Una situazione che mi ha colpito molto è stata quella che mi è capitata al Forum dei giovani 2019, organizzato sempre dal Dicastero. Una volta terminato l’evento, i partecipanti sono andati a ritirare i loro zaini e le loro valigie presso il Centro Internazionale Giovanile San Lorenzo, vicino al Vaticano. All’uscita del Centro, un gruppo di giovani mi ha circondato e, ognuno nella propria lingua, mi ha detto: “Grazie!”. Questa gratitudine mi ha toccato, così come l’idea di partecipare alla GMG e vedere quella folla che sventolava le bandiere di tanti Paesi, una vera moltitudine di tutte le razze e nazioni; un’immagine viva della cattolicità della nostra Chiesa.

Lei ha avuto la possibilità di incontrare molti giovani di culture diverse, cosa hanno in comune?

Sembra ovvio, ma è la ricerca del Vero, del Buono e del Bello. Quell’inquietudine, nel senso buono del termine. I giovani hanno un’impronta di Dio, sono irrequieti e generano un movimento intorno a loro. Questa inquietudine, questo desiderio di trasformare la realtà, di essere importanti per qualcuno, di fare molte domande.

Secondo lei, quali sono le croci dei giovani di oggi?

Le sfide sono tante, ma evidenzierei il clima di polarizzazione della società, tante ideologie che sfociano in guerre, tutto diventa motivo di divisione e separazione. La crisi delle famiglie porta con sé anche una crisi del senso di appartenenza dei giovani, di sentirsi amati, di avere un ruolo nel mondo. Nonostante le sfide, credo che il bene superi sempre il male. I giovani non sono un problema, ma una speranza per la Chiesa e per il mondo.

La prossima GMG si terrà nel 2027 a Seul, in Corea del Sud. Ci dica qualcosa di quel Paese e della sua cultura.

Seul è una città enorme. Molti giovani soffrono di solitudine, il tasso di suicidi è molto alto, le esigenze dei giovani nello studio e nella vita professionale sono enormi e c’è anche la ferita della divisione tra Nord e Sud.  Allo stesso tempo, la Corea è oggetto di grande attenzione nel mondo di oggi, con una crescente diffusione della sua cultura attraverso film, serie, tecnologia, computer, ecc.

La Chiesa in Corea è nata alcuni secoli fa grazie a laici che hanno appreso la fede cristiana e hanno deciso di viverla anche senza molte conoscenze. È una Chiesa segnata da persecuzioni e martiri. Oggi è una società interconfessionale in cui il cristianesimo ha una forte presenza.

In questo contesto, cosa può portare il Carisma Shalom alla Chiesa di oggi?

Il nostro Carisma è nato dall’esperienza di un giovane che ha trovato l’amore di Dio e ha saputo, fin da piccolo, incanalare le sue potenzialità verso Dio, verso la Chiesa, volendo fare del bene al prossimo e all’umanità intera. 

Per noi i giovani sono il primo apostolato. Attraverso il mio servizio in Vaticano, ho avuto l’opportunità di offrire alla Chiesa il meglio che abbiamo, ovvero il nostro amore per i giovani. Il Carisma Shalom esiste per i giovani.

Tornando a parlare del Brasile, la Comunità si sta preparando per l’Assemblea Generale che si terrà a Fortaleza il prossimo agosto. Quali sono, secondo lei, i punti principali da affrontare?

“Vino nuovo, in otri nuovi”. Credo che l’Assemblea sarà un momento di nuova difussione dello Spirito Santo per tutta la comunità, un’esperienza di comunione, fraternità e unità, per una nuova, rafforzata e coerente effusione missionaria.  La comunità è in un processo di cambiamento, siamo cresciuti molto negli ultimi anni e questo richiede nuove strutture di governo che devono accompagnare questo movimento con uno spirito nuovo.

 

 

Foto: Dicasterio per i Laici, la Famiglia e la Vita

Traduzione: Consuelo Panichi


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